mercoledì 27 gennaio 2010

indecisioni parallele

Due persone comuni percorrono la stessa stretta strada in senso contrario. Sapere dove sono diretti non è importante. Le loro traiettorie si incontrano ad un punto della strada, non permettendo a nessuno dei due di passare. La persona proveniente da destra si sposta per far passare lo sconosciuto che ha di fronte. Ma nel medesimo istante anche la seconda persona si sposta per agevolare l'altro. È necessario, a questo punto, che uno dei due si accosti mentre l'altro resta fermo. La prima persona mantiene la posizione ma è la stessa idea che è passata in mente alla seconda, per cui si richiede un altro tentativo. Un nuovo spostamento contemporaneo e le due persone si ritrovano nel medesimo stallo. Ci riprovano ma falliscono. Ancora. E ancora. Servirebbe un difetto di sincronizzazione dei pensieri che al momento non avviene, per cui nessuno dei due è ancora riuscito a passare.

lunedì 25 gennaio 2010

l'evidenza del panino

La mia cena giace sul tavolino spoglio. Non mi va più. È un panino col prosciutto ed è già addentato. Ne osservo la dura evidenza. È qualcosa che fa parte della mia vita, è a suo modo necessaria, ma tra un quarto d’ora sarà dimenticata. È stato così anche per tutti gli altri panini precedenti. Buttati giù, sfruttati per la loro immediata dose di calorie e dimenticati. Questo panino ho deciso di tenerlo a mente più a lungo, probabilmente diventerà l’universale per tutti i suoi simili passati e per quelli che verranno. I morsi ne hanno lasciato scoperta la struttura, rendendolo indifeso ed osceno, isolato dalla sua funzione specifica. La sua perfezione (fette di pane che combaciano, prosciutto che non deborda) è durata pochi secondi, devastata dal primo morso. Continuo a guardare con scrupolo le curve del pane, il colore rubino dell’affettato e il gioco di ombre sulla superficie. Vorrei poter andare oltre e ricordarmi la forma di ogni briciola. Quanto si può andare a fondo nell’osservazione di un oggetto? La mia concentrazione mi spinge fin quasi ad alienarmi e a non riconoscere il giusto peso da dare alle cose inutili. Il telefono per fortuna squilla e mi ridesta. Rispondo. Riattacco. Prendo il panino. Lo avvolgo nella carta e lo butto. Esitando un po’.

giovedì 21 gennaio 2010

alla loro

Il primo bicchiere lo levò in alto per S., ringraziandola per non avergli mai graffiato troppo le gengive col suo apparecchio. Poi fu la volta di R., perchè sapeva cosa veniva dopo zoffgentilecabrini. Il terzo fu dedicato a K., piccolo forziere di perversioni. Velocemente tracannò il quarto pensando ad A., capace di rendere romantica una città come Foggia. Scolandosi il quinto pensò ad F., benchè sfuocata nei ricordi e in quei certi video. Il sesto, il settimo, l'ottavo ed il nono furono bevuti d'un fiato, A., M., G. ed L. non meritavano troppi indugi. Il decimo celebrò C. Forse doveva regalarglielo quel benedetto coccodrillo. Di seguito buttò giù l'undicesimo per F., l'unica donna che scandiva, sillabandola, la parola “mestruazioni”. Annebbiato alzò altri bicchieri: tredicesimo, diciassettesimo, ventesimo. Al ventiduesimo si soffermò parecchio. Il bicchiere unto di ditate restò in alto per un po'. N. se lo meritava, anche se evaporò più rapida di una sbronza. Il ventiquattresimo fu per R. che lo sopportò per tutti quei lunghissimi venti minuti. Il ventottesimo bicchiere salutò una sconosciuta che volle chiamare S. Altri bicchieri e nomi si confusero per un lungo tempo ancora. Arrivò all'ultimo e non si rammentava più a che numero era arrivato. Riacquistò per un attimo la lucidità e lo dedicò a se stesso.


martedì 19 gennaio 2010

il sospetto

Ho il sospetto che non era questa la vita che desideravo. Sono arrivata a più di 80 anni e neanche ne sono certa del tutto. Quando ci si può sentire esperti abbastanza per poter tracciare una verità assoluta su se stessi? Non mi sento di aver vissuto una vita vana, ma non ho la sensazione di potermene andare con un sorriso. Sarebbe un capolavoro finire lasciando a chi resta un'immagine serena. Non mi sarà possibile, purtroppo. Apparentemente potrei essere la donna più invidiata del mondo, addirittura dell'intera storia, eppure gli agi e i privilegi hanno coperto la mia fragilità. Sono rimasta poche volte completamente da sola da quando sono nata, e molte volte ho urlato, badando che nessuno mi sentisse. Non riuscivo a piangere, si sarebbero visti gli occhi rossi e gonfi, e, mio Dio, sarebbe stato uno scandalo. Però potevo strillare, con i gli occhi chiusi e i pugni serrati. Adesso non ho più le forze, ne uscirebbero delle urla stanche e poco rappresentative del tormento che invece è ancora giovane e possente. In quei pochi istanti in cui tutto il mondo è dietro la porta, guardo il vuoto e vorrei gridare. Poi alla fine mi faccio forza, mi sistemo la corona in testa ed esco dalla stanza.

domenica 17 gennaio 2010

nessuna pietà

Consideriamo due persone. Una è forte, piena di infinite risorse, dalle potenzialità sconfinate che non gli pongono praticamente nessun limite. L'altra è delicata, debole, con un perenne senso di smarrimento, mitigato dalla presenza del primo individuo. Si direbbe che le due persone siano legate in modo inscindibile, tanto che si potrebbe azzardare l'uso della parola “binomio”. La prima persona, quella più forte, ogni tanto, guidata dal capriccio, afferra la seconda persona per il collo e inizia a stringere, esercitando una adeguata pressione. Non ha bisogno di infondere molta forza, perché la discrepanza fisica tra i due è esageratamente a suo vantaggio. Mentre la morsa della mano si fa più pressante sulla sua gola, la persona debole non sembra voler reagire. Sorprendentemente vede nella prima persona la sola via d'uscita per questa incresciosa situazione e ne invoca l'aiuto pateticamente. L'atto di prevaricazione non comporta nessun mutamento del senso di devozione e sterminata fiducia che la seconda persona ha per la prima, anzi sembrerebbe quasi un gesto per cui essere grati. La stretta non cessa di essere dolorosa e un'ombra livida inizia ad apparire sul volto della seconda persona. La prima persona non ne viene impietosita e aumenta la pressione, incurante dello sguardo di muta supplica che incrocia il suo. Sa comunque che la seconda persona non muoverebbe un dito per districarsi. Quando il soffocamento potrebbe essere arrivato al momento decisivo, la prima persona lascia di scatto il collo della sua vittima inerme e resta imperturbabile. Liberata dal terribile pericolo, la seconda persona inizia a ringraziare il suo aguzzino, piangendo e baciandolo, quando ancora la respirazione non ha ripreso un ritmo regolare. L'atteggiamento è di prostrazione estrema e infinita gratitudine per il gesto salvifico appena compiuto che gli ha consentito di tornare a respirare. Questa scena ci disgusta e ci provoca un grumo di emozioni inesplose che potremmo provare a riassumere con il termine “rabbia”. Abbiamo adeguati valori morali che renderebbero questo atto di prevaricazione riprovevole ai nostri occhi.

Ora proviamo a caratterizzare i protagonisti e a rileggere la storia, cercando di capire se il nostro giudizio morale potrebbe risultarne modificato. Per esempio proviamo a chiamare “Dio” la prima persona e “Uomo” la seconda.

venerdì 15 gennaio 2010

a memoria

“Bi e a, bi e e, ba be bi e i...”
“Mangia libri di cibernetica, insalate di...”
“Oh, Lady, Lady, Lady...”
“Heidi, ti sorridono i monti, Heidi, le caprette ti...”
“Dolce Remi, piccolo come sei, per il mondo...”
“Pollon, Pollon combina guai, su nell'Olimpo...”
“Noi puffi siam così, noi siamo tutti blu. Puffiamo su per giù...”
“E' difficile dire con parole di figlio, ciò a cui nel cuore...”

Scommetto che le avete terminate tutte.
Forse.

giovedì 14 gennaio 2010

martirio

Ho mantenuto la calma, come mi hanno insegnato. Mi sono mimetizzato con gli altri. Diventato trasparente, come se non esistessi per nessuno. E questo sinceramente mi è sempre venuto bene, molto prima di apprenderlo al campo d'addestramento. Non se ne sono accorti, idioti. Neanche con quegli strumenti sofisticati che hanno. La fede mi ha reso invisibile. Adesso sono sistemato sul sedile e non devo dare segni di nervosismo. Ascolto le direttive della hostess. Lo fa con naturalezza automatica quel balletto, lo avrà fatto centinaia di volte. Le uscite di emergenza laterali, le maschere per l'ossigeno, seguite le luci di emergenza... Questa sarà l'ultima messinscena. La sua unica fortuna è che non lo sa. Ha anche un sorriso chiaro, pur facendo quelle mosse ridicole. Stupida marionetta. Tra poco finirai di soffrire anche tu e non mi importa quale sarà il tuo destino dopo, nell'aldilà. Il mio lo conosco perfettamente e dovresti invidiarmi per questo, invece di commiserare la mia follia. Attillata nella tua divisa per inutile vanità. Lurida puttana. Ti sei vestita e truccata come ogni giorno. Il rossetto, i capelli pettinati, i piccoli particolari per farti ammirare. Chissà che aspettative avevi per questa giornata. Avrai lasciato un marito, un fidanzato, insonnolito nel letto, mentre ti infilavi i collant e preparavi i bagagli. Come poteva passarti per la mente l'idea che mi sarei imbarcato proprio sul tuo volo. È andata male a te, bene a tutte le altre tue colleghe che domani ti compiangeranno e tremeranno di angoscia e sollievo per lo scampato pericolo. Trascinerò con me le tue gambe snelle, il tuo seno pieno. Lo avrai immaginato sfiorito negli anni, da vecchia. Non ci arriverai alla vecchiaia. Ritieniti fortunata. Le tue gambe saranno perfette per sempre, così come il tuo volto privo di rughe. Non so dove finirai, ma dovresti ringraziarmi per aver preservato la tua bellezza per l'eternità. Continui a voltarti, a dare inutili istruzioni ed io ti fisso. Paradossalmente è come se fossi l'unica presenza su questo aereo. Gli altri non li vedo neanche, ormai sono già morti. Lo sono anch'io e tu mi sembri l'unica cosa ancora viva qui dentro. Ridi, ti muovi e sei gentile con tutti. Tra poco dovrò farlo, ma prometto che il tuo sarà l'ultimo sguardo che incrocerò prima di farmi esplodere.

martedì 12 gennaio 2010

delizie al limone

- La delusione? Provate a immaginare Lapo che scopre che la A della felpa è scucita.
- Appunto: diffidare delle persone il cui libro preferito è “Siddharta”. p.s.: tenere d'occhio anche quelli di “Mein Kampf”.
- Al cinema le persone molto alte hanno la fastidiosa abitudine di sedersi sempre davanti a qualcuno.
- Nel film “Avatar” gli attori sono stati scelti scarsi apposta per rendere le animazioni digitali più credibili.
- E comunque non è la prima volta che attori veri e digitali recitano insieme. Pensate ai film con Scamarcio!
- In Italia c'è una preoccupante ondata di razzismo. Presto in commercio un nuovo vaccino.
- Narri Napoli e poi muori.
- Sbagliava Metternich, l'Italia è una inespressione geografica.
- Quando sono all'estero ho preso l'abitudine di spacciarmi per albanese. Tranne quando vado in Albania. Lì Berlusconi è ancora credibile.
- Avevamo organizzato una gang bang mostruosa: più di 500 uomini e una donna sola. Poi uno aveva un impegno e non se n'è fatto più nulla.
- Esiste una versione soft di “Ultimo tango a Parigi” in cui Brando usa la margarina.
- Per fortuna i fatti di Rosarno non si sono accavallati col Festival di Sanremo.

lunedì 11 gennaio 2010

frizzi e la morte

Una serata sul divano, fuori piove. Guardo un programma su Rai1. Frizzi. Chi fa televisione ignora che il maltempo è il loro migliore alleato. E come spesso accade guardando Frizzi, inizio a fare pensieri sulla morte. Mi capita anche con Amadeus, ma con Frizzi riesco ad essere più profondo e articolato. Non sono riflessioni spaventate, non ne ho paura. Se dovessi andarmene da vecchio, probabilmente sarei preparato a farlo. La vecchiaia è un corso per imparare a morire e finora ho visto solo vecchi rassegnati, mai terrorizzati. Forse perchè intimamente ci crediamo tutti eterni. Si impara così in fretta a vivere. Un attimo dopo l'altro, e poi ancora uno in fila. La logica direbbe che se ne potrebbe aggiungere sempre un altro accanto. All'infinito. Ciò che interrompe la catena lo si crede improbabile per se stessi. Qualcosa, lo sentiamo, ce ne renderà immuni. Per cui la morte è un affare che riguarda solo gli altri. Ci domandiamo dove finiscono e cosa fanno. Che luogo abitano e se ci vedono. Inventiamo un luogo e un tempo fuori dalla vita, senza accorgerci che il vero paradiso (o inferno) dei morti è il ricordo che lasciano. Andate anche le persone che ne conservano la memoria, i morti muoiono di nuovo e per sempre. Al vecchio cimitero del mio paese ci sono tombe senza fiori, con le lapidi sbiancate dal sole. Vedo le date ed alcune evidenziano la probabilità che a quella persona non ci bada più nessuno. Spesso ne leggo il nome e dalla foto immagino un frammento della loro vita, regalando loro un ultimo guizzo di eternità...
Gli applausi. Frizzi che urla entusiasta! Qualcuno ha vinto un montepremi!

sabato 9 gennaio 2010

i bei tempi andati

Lo chiamerò G. per comodità. Ogni volta che lo incontravo mi parlava dei tempi passati. Non credo abbia mai parlato d'altro. Iniziava le sue galoppate nell'età dorata della sua gioventù con un prolungato sospiro, qualcosa di simile al gemito sessuale di una lumaca. Se siete attenti osservatori delle lumache, sapete cosa intendo. Per G. tutto ciò che di tecnologico, sofisticato e comodo la modernità ha creato, nell'epoca della sua giovinezza era supefluo. Sembrerebbe quasi che le menti creative di allora non abbiano voluto apposta inventare o scoprire cose buone ed utili, più per motivi estetici che per immaturità scientifica o scarsa conoscenza. Gli antibiotici hanno depotenziato la drammatica poeticità della sofferenza, così come la maggiore igiene personale, oltre ai pidocchi, ha raschiato via quelli che lui definiva “densi strati di autenticità” nelle persone. Vivere in famiglie numerose con gli animali domestici in casa, poi, non comportava troppi disagi, neanche quando si trovava il bagno occupato da ore dall'asino. Anche i divertimenti erano gustati meglio perchè più rari ed autentici. G. rammentava con soffocato rimpianto le splendide interminabili partite a pallone in campagna, per nulla sminuite dalla mancanza del pallone. La palla “non era necessaria”, che ne potevo capire io! I malanni della nostra attuale società sarebbero derivati, secondo G., dal rammollimento delle menti dei ragazzi, abbrutiti da ore di televisione e giochini al computer. Ai suoi tempi sì che c'erano giochi che tempravano il carattere: “schiaffo del soldato”, “pietraddosso”, “scotennino”, “lancianano”, “la gragnuola”, “sanguinella”... e mai che nessuno fosse finito al reparto ortopedia, mai! Non era neanche il caso di rimarcare la totale assenza di ospedali in quel periodo, tanto G. avrebbe ribattuto che “non erano necessari”. Temprato il carattere con le fratture dello scotennino, il fisico lo si nutriva con maschia genuinità. Non riuscirò mai a collegare la decadenza dei costumi con l'uso smodato della nutella o delle patatine fritte, ma secondo G. i cibi naturali dei suoi tempi erano la base anche per una sana crescita morale dell'individuo. La cucina ideale di G. era quella che riduceva al massimo gli orpelli e le fasi di cottura e condimento. Le zucchine davano di terra perchè effettivamente erano incrostate di terreno, il grano doveva conservare ancora il sapore ferroso dell'aratro, dell'anguria si apprezzava esclusivamente la buccia, e per dessert era sufficiente inzuppare una patata nel vin santo. Questo era l'universo perfetto di G., regolato da leggi sconclusionate e tenuto insieme soprattutto dalla formidabile tenacia del ricordo e del rimpianto. Tra molti anni dirò a chi avrà la pazienza di ascoltarmi “Eeeeeeh, ai miei tempi avevamo gente come G.”

mercoledì 6 gennaio 2010

e se

E se invece fosse il chiodo di garofano ad avere sentore di vino rosso?
E se tutti gli autori seri che ho letto in questi anni avessero scherzato?
E se Elvis fosse morto un solo mese dopo il trasferimento sull'isola?
E se una mattina tutti i giapponesi decidessero di fare harahiri?
E se Gesù fosse già tornato e non si fosse palesato per vergogna?
E se tutto questo agitarsi fosse vano?
E se dopo tutte queste creme antirughe morissi giovane?
E se contraessi una malattia che mi rendesse cittadino di Andorra?
E se in realtà avessero mirato a Jacqueline?
E se il sorriso della Gioconda nascondesse semplicemente dei denti cariati?
E se Hitler avesse trovato un critico d'arte compiacente?
E se per risolvere i problemi del traffico fosse sufficiente suonare il clacson più forte?
E se in fondo avessimo ragione tutti?

Giuro che un giorno ci penserò.

lunedì 4 gennaio 2010

buon 2020!

Appena riposti i calici per salutare il 2020, si possono analizzare retrospettivamente gli eventi che hanno maggiormente caratterizzato il secondo decennio del XXI appena trascorso, così denso di cruciali cambiamenti per l'umanità. Per fortuna nel 2012 la preannunciata fine del mondo non è avvenuta. Attenti studi avevano evidenziato un'errata lettura del calendario Maya che era stato appeso al contrario, per cui nuove preoccupazioni ci attenderanno nel 2102. Gli esperti hanno inoltre tratto altre preziose indicazioni dal calendario, per esempio come eliminare le ostiche macchie di vino utilizzando acqua distillata, ammoniaca e sacrifici umani. Forte è stato l'impegno della comunità internazionale per affrontare i cambiamenti climatici sul nostro pianeta. Un decisivo summit, il settantaseiesimo per la precisione, si è tenuto nel 2018 nel suggestivo scenario del lungomare di Berlino. Generale approvazione dei delegati per il pacchetto di misure che eviteranno che la Terra diventi un'unica lussureggiante, soleggiata, favolosa spiaggia tropicale. Molto apprezzato l'intervento del segretario generale dell'ONU, Mahmud Ahmadinejad, che per la salvaguardia di Venezia ha proposto di raderla completamente al suolo per poi ricostruirla su altissimi trampoli. Gli anni '10 saranno consegnati agli annali soprattutto per la drammatica continuità bellica col decennio precedente. Altre tre operazioni di peace keeping (o, per dirla con la corrente terminologia, “vivaci scampagnate”) hanno coinvolto gli Stati Uniti, potenza ancora egemone nello scacchiere geopolitico. Le due amministrazioni americane, quella di Obama e quella di Jim Carrey, hanno privilegiato interventi armati in nazioni dal nome semplice e non più lungo di due sillabe (Iraq per la terza volta, Iran e Yemen), per il motivo che nel passato gli USA hanno invaso paesi addirittura prima di impararne la giusta pronuncia. Nei prossimi anni si lavorerà anche per definire l'esatta collocazione geografica, visto che il primo sbarco in Yemen avvenne sulle coste norvegesi. La nuova strategia statunitense ha messo in agitazione stati come il Mali, il Cile, il Togo sul cui stemma campeggia un leone che si tocca le palle. Ricordiamo il 2015 soprattutto per lo scampato attentato all'ex presidente Barack Obama, avvenuto ad Orlando in Florida ad opera di uno squilibrato che lo aveva colpito con un pelouche di Mickey Mouse, il più comune souvenir di Disneyland. Obama entrerà nella storia per essere stato, oltre che primo presidente nero, anche il primo inquilino della Casa Bianca ad aver ammesso la sua omosessualità. Guardando al futuro prossimo invece, nel prossimo maggio sono in programma le elezioni del Presidente della Repubblica Italiana. Scontata la rielezione dell'attuale presidente Silvio Berlusconi per acclamazione. L'arzillo capo dello Stato nel tradizionale discorso dell'altra sera ad i-Phone unificati, ha invitato le parti politiche alla concordia e al rispetto reciproco, avendo ben fermi i principi della nuova Costituzione, rielaborata e riscritta nel 2017 tramite televoto. Il presidente con visione lungimirante ha dichiarato di puntare anche al terzo mandato, che gli garantirebbe l'assegnazione definitiva del titolo.