sabato 9 gennaio 2010

i bei tempi andati

Lo chiamerò G. per comodità. Ogni volta che lo incontravo mi parlava dei tempi passati. Non credo abbia mai parlato d'altro. Iniziava le sue galoppate nell'età dorata della sua gioventù con un prolungato sospiro, qualcosa di simile al gemito sessuale di una lumaca. Se siete attenti osservatori delle lumache, sapete cosa intendo. Per G. tutto ciò che di tecnologico, sofisticato e comodo la modernità ha creato, nell'epoca della sua giovinezza era supefluo. Sembrerebbe quasi che le menti creative di allora non abbiano voluto apposta inventare o scoprire cose buone ed utili, più per motivi estetici che per immaturità scientifica o scarsa conoscenza. Gli antibiotici hanno depotenziato la drammatica poeticità della sofferenza, così come la maggiore igiene personale, oltre ai pidocchi, ha raschiato via quelli che lui definiva “densi strati di autenticità” nelle persone. Vivere in famiglie numerose con gli animali domestici in casa, poi, non comportava troppi disagi, neanche quando si trovava il bagno occupato da ore dall'asino. Anche i divertimenti erano gustati meglio perchè più rari ed autentici. G. rammentava con soffocato rimpianto le splendide interminabili partite a pallone in campagna, per nulla sminuite dalla mancanza del pallone. La palla “non era necessaria”, che ne potevo capire io! I malanni della nostra attuale società sarebbero derivati, secondo G., dal rammollimento delle menti dei ragazzi, abbrutiti da ore di televisione e giochini al computer. Ai suoi tempi sì che c'erano giochi che tempravano il carattere: “schiaffo del soldato”, “pietraddosso”, “scotennino”, “lancianano”, “la gragnuola”, “sanguinella”... e mai che nessuno fosse finito al reparto ortopedia, mai! Non era neanche il caso di rimarcare la totale assenza di ospedali in quel periodo, tanto G. avrebbe ribattuto che “non erano necessari”. Temprato il carattere con le fratture dello scotennino, il fisico lo si nutriva con maschia genuinità. Non riuscirò mai a collegare la decadenza dei costumi con l'uso smodato della nutella o delle patatine fritte, ma secondo G. i cibi naturali dei suoi tempi erano la base anche per una sana crescita morale dell'individuo. La cucina ideale di G. era quella che riduceva al massimo gli orpelli e le fasi di cottura e condimento. Le zucchine davano di terra perchè effettivamente erano incrostate di terreno, il grano doveva conservare ancora il sapore ferroso dell'aratro, dell'anguria si apprezzava esclusivamente la buccia, e per dessert era sufficiente inzuppare una patata nel vin santo. Questo era l'universo perfetto di G., regolato da leggi sconclusionate e tenuto insieme soprattutto dalla formidabile tenacia del ricordo e del rimpianto. Tra molti anni dirò a chi avrà la pazienza di ascoltarmi “Eeeeeeh, ai miei tempi avevamo gente come G.”

3 commenti:

  1. Non c'è più, il futuro di una volta!
    L'ho ripetuta così tante volte che non ricordo se è mia o se è una citazione.
    Semmai, cazziatemi.
    Gran bel post.

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  2. Penso che in primavera mi dedicherò ad attente osservazioni delle lumache. Inoltre cercherò di tirare su i miei figli in modo molto maschio proponendo subito il gioco del lancianano. Loro mi diranno: "eh? La puroina... (trad. eh? la poveretta...)".
    Poi credo che torneranno a giocare alla wii, ovviamente in modo molto maschio.
    Bello bello, il post :)

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