Ho deciso di aspettare la mezzanotte del mio trentasettesimo compleanno con i miei due migliori amici. Tra birre, calura estiva, risate, l'umore si mantiene elevato e il passare del tempo sembra un debito da pagare alla vita con leggerezza e senza la malinconica sensazione di esserne in qualche modo colpevole. In un attimo ci ritroviamo ai bordi di una pista da ballo in cui si scatenano ragazze e ragazzi sudati e ebbri di quell'incoscienza che li rende forti e spavaldi, quindi invidiabili. L'abitudine alla spensieratezza difficilmente si cancella con l'età, per cui guadagniamo un passo dopo l'altro il centro della pista e lentamente regoliamo i nostri corpi al ritmo di canzoni familiari. Questi sono i momenti in cui ci si avvicina di più al concetto di presente, fugace illusione di eternità, in cui ci si sente di appartenere per sempre a questa vita e ai suoi aspetti più dolci. Trascinati via da ogni tipo di pianificazione, falsamente convinti che ci saranno sempre future occasione per appartarsi da tutto ciò. La musica continua ma la stanchezza ci ricorda che domani un altro presente, di tutt'altro genere, ci aspetta, per cui decidiamo di uscire dalla pista, ma con la dovuta calma. Mentre torniamo ancora sorridenti verso l'uscita, incrocio per pochissimi istanti lo sguardo di una ragazza, forse poco più che ventenne. Il lieve tentennamento degli sguardi, leggermente oltre ciò che è consentito dall'etichetta sociale, fa sorgere sui nostri visi un sorriso. Il mio inconsciamente ammiccante, il suo di cortesia. Sorpassandola avverto una freschezza che fino a qualche anno fa credevo mi dovesse appartenere in eterno. Andandomene mi volto una, due volte e la vedo che ha conquistato subito il centro della pista. Sono certo che avrà ballato fino all'alba.
La pupa e il secchione
2 mesi fa
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