domenica 29 novembre 2009

zapping

Quando ero bambino la televisione (abbreviata confidenzialmente in tv) era manichea. Due canali coprivano tutte le mie esigenze di divertimento e di apprendimento in maniera più che sufficiente e non c’erano mai troppi imbarazzi nel dover scegliere tra un documentario sui leoni della savana e la diretta dell’inaugurazione della Fiera del Levante. In caso di scarso gradimento di entrambi i programmi, pazientavo eroicamente ed in silenzio attendevo che il sindaco di Bari tagliasse il nastro tricolore o che il leone capobranco finisse il suo dessert zebrato. Questa predisposizione naturale all’attesa mi ha giovato nel futuro sviluppo psichico ed emozionale, oltre ad avermi garantito una conoscenza spaventosa sulle abitudini alimentari dei felini africani e sulla esatta sequenza dei sindaci di Bari dal ’76 all’84. Il recente acquisto della tv satellitare, con i suoi novecento canali, ha demolito senza pietà quella virtù che si acquisiva aspettando. Tra l’altro non so più se i leoni hanno raffinato i loro gusti e adesso preferiscono il sushi alle zebre!
Calabria TV
E’ un’emittente che si occupa esclusivamente di tematiche calabresi. Controllo con la funzione del telecomando il palinsesto della giornata e mi accorgo con stupore che il canale trasmette 24 ore al giorno. Qualcosa di evidente mi è sfuggito in tutti questi anni! La Calabria è davvero una regione così frenetica da fornire eventi sufficienti a coprire una programmazione giornaliera completa? Il canale della città di Las Vegas trasmette 18 ore al giorno, tanto per dire. Immagino che la telecronaca della sagra della ‘nduja abbia un seguito e un senso, ma nelle restanti 22 ore che succede? I piatti luoghi comuni sulle diverse zone geografiche d’Italia descrivono la Calabria come una regione contraddittoria, meravigliosa oasi per la quiete vacanziera, ma anche terra di una spietata organizzazione criminale. Pur soffermandomi spesso su questo canale, non trovo mai riferimenti espliciti o impliciti alla dura realtà della vita sociale in quella regione. Nessuna inchiesta o approfondimento, nessuna trasmissione di denuncia o protesta, solo sagre. La ‘ndrangheta occultata da tre spessi strati di ‘nduja piccante.
Crime TV
Il logo di questo canale è una chiazza di sangue e il puntino della “i” di Crime è uno schizzo di cervello. La truculenta programmazione della rete veicola un unico elementare concetto: per essere il mostro di Milwakee non bisogna necessariamente essere di Milwakee, è sufficiente essere di Castelfidardo o di Follonica. È palese la loro convinzione che in ognuno di noi alberghi un serial killer psicopatico. Il serial killer che soggiorna silenzioso dentro di me, tra l’altro, è di quelli che lasciano gli asciugamani appallottolati accanto alla doccia e rubano le saponette. In tutte le serie trasmesse ininterrottamente, si può notare con facilità quanto sia friabile il confine che separa un pacioso impiegato di banca da un sadico pluriomicida. Non si comprende bene come e quando quel limite può essere varcato, ma potrebbe succedere davvero ovunque, a chiunque e in qualunque momento. Al giornalaio, mentre si ascolta un cd dei Rondò Veneziano, al momento del dessert ad una cena coi suoceri, in ascensore con un vicino di casa sconosciuto, durante i supplementari delle semifinali di Coppa Uefa, il “raptus” assassino coglie implacabile come un infarto. L’abuso della visione di questo canale induce a volte ad un eccesso di preoccupazione quando si intrattengono i normali quotidiani rapporti umani. Chissà se un saluto meno affabile del solito al pensionato del terzo piano è il viatico migliore per ritrovarsi un coltello da bistecca tra le scapole, ma è un evento che, almeno stando alle serie di Crime TV, è frequente quanto la calvizie. Una fine così repentina ed imprevista potrebbe essere bilanciata dal sollievo di sapere che il mio improvvisato assassino avrebbe le ore contate e che, prima della sigla finale, sarebbe seduto davanti ad un tavolo di noce, singhiozzando e confessando il suo immotivato odio nei miei confronti. Quello che mi impressiona di più in questi telefilm, è l’ostentazione positivista dei mezzi tecnologici di indagine. L’analisi in laboratorio di un granello di forfora trovato sul luogo dell’omicidio rivela ogni aspetto del suo precedente possessore: sesso, età, cantante preferito, traumi infantili, voto alle ultime elezioni, abitudini erotiche e password della posta elettronica. Purtroppo raramente l’impiego di questi sofisticati metodi conduce al risolutivo arresto del pericoloso killer. A sorpresa la chiave per incastrare i criminali è sempre un’intuizione del poliziotto più depresso, malato e problematico del team. Ci deve essere un legame misterioso tra artrosi e capacità investigative, o tra balbuzie e logica poliziesca. Nelle serie di questo genere, il ribaltamento di ruoli tra perfezione della scienza e debolezza dell’intelligenza umana è inverosimile, ma almeno è parecchio rassicurante.
TeleGourmet
Ventiquattro ore di ricette, ricette, ricette. Se pensate che ottocento modi di cucinare un uovo sodo siano già abbastanza, vi sbagliate! È una sfida continua a combinare nei modi più imprevedibili ogni tipo di sostanza commestibile. Gli ingredienti come lettere che possono essere rimescolate e posizionate all’infinito per creare romanzi culinari in grado di rendere i nostri sensi soddisfatti e le nostre arterie ostruite. Il problema è che spesso, mischiando i cibi come lettere, non si ottengono i Karamazov del filetto, ma quei testi che alcune scimmie scrivono a casaccio quando sono messe davanti ad una tastiera in alcuni esperimenti scientifici discutibili. Comprendo la difficoltà di improntare un palinsesto solo con soffritti e bolliti misti, ma non condivido l’idea che l’intuizione di caramellare il brodo sia un arricchimento culturale decisivo o una maniera per ampliare il concetto di “saper vivere”.
Il tiramisù di manzo macinato, lo sformato di aringhe con zabaione, l’importanza focale del fondo antiaderente nella civiltà occidentale, la cucina fusion che affratella Oriente e Occidente nella ricetta dei tortellini alla cantonese, l’origano come erba aromatica troppo sottovalutata, il consiglio su come addobbare la tavola rendendola una versione ridotta (e neanche troppo) del Taj Mahal, come sistemare gli ospiti secondo lo schema dei ricevimenti di Luigi XIV, se otto strati di lasagne vi sembran pochi…
Dopo mezz’ora di visione non mi viene voglia di cambiare canale, ma di un’Alka Seltzer.
Mistery Channel
Il canale dedicato alla risoluzione degli intrighi più inspiegabili della storia. La tesi complottistica o esoterica è applicata sistematicamente ad ogni evento possibile: dallo sbarco sulla Luna al successo discografico di Ramazzotti, dalla morte di JFK agli scudetti consecutivi dell’Inter. Una trama comune legherebbe nel tempo eventi apparentemente incongrui tra loro. Insomma, secondo Mystery 2000 c’è un filo oscuro che unisce Lee Oswald a Materazzi. In questo canale spicca una accanita propensione ad associare qualsiasi mistero dell’umanità ai Templari, depositari di ogni sapere possibile, perciò ideali concorrenti di “Chi vuol essere milionario”. Non c’è nulla di cui un templare non fosse a conoscenza, dall’esatta ubicazione del sacro Graal (gli ultimi studi lo localizzerebbero ad Avellino), al peso specifico del lantanio. Ho una sincera ammirazione per questi dottissimi soldati, votati alla custodia gelosa della babele di segreti di cui erano unici depositari. Immagino anche la vita infernale a cui questi eroici paladini erano sottoposti. Un templare di ritorno a casa la sera non avrebbe mai potuto avere momenti di rilassatezza domestica e confidare le sue ansie lavorative quotidiane alla propria moglie. “Caro, si è poi saputo più nulla di quel sacro graal?” e il povero templare, appoggiando la corazza all’attaccapanni, era costretto ad abbozzare scuse rabberciate alla meno peggio. Un’altra evidente caratteristica dei programmi di Mistery 2000 è la mancanza anche di una sola risposta definitiva alla mole smisurata di quesiti evocati. Non un certezza documentata e verosimile disseta la legittima smania di conoscenza dello spettatore, sollecitato dalle più improbabili ipotesi e frustrato al momento di verificarle. Un enorme punto interrogativo avrebbe dovuto sovrastare il logo a lettere dorate tridimensionali dell’emittente. Attendo con fiducia una puntata il cui titolo sia “Qual è la capitale della Svezia?” e, dopo due ore e mezzo di divagazioni esoteriche, sentire finalmente un templare rispondere trepidante dall’eccitazione:”Stoccolma!".

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